ProntoPack

Un Camaleonte in Africa:
intervista ad Alice Zordan

Alice Zordan, 27 anni, entusiasta e curiosa, è laureanda in Ingegneria Edile-Architettura all’Università di Trento e sarà il nostro Camaleonte in Africa! ProntoPack e ProntoPack Foundation sono al suo fianco in questa esperienza!

Alice, tra poco comincerà un’esperienza molto importante per te: come ti senti?

Ho iniziato a realizzare che partirò davvero soltanto pochi giorni fa! Ormai la parte più burocratica e noiosa è alle spalle e ora posso dire di essere divisa in due tra un sentimento di eccitazione e un sentimento di preoccupazione, ma penso sia normale dato che è la prima volta che vado in un paese così diverso dall’Italia. Adesso inizia il bello e devo dire che la nostalgia non ha trovato spazio.

Hai già vissuto all’estero, anche se solo per qualche mese?

Sì, sono stata in Erasmus in Scozia e devo dire che anche in quell’occasione ero inizialmente spaventata, ma alla fine avrei cancellato il volo di ritorno!

Quali difficoltà hai trovato e temi di trovare nel tuo prossimo viaggio?

La lingua è stata il problema principale e temo che anche per questa esperienza in Mozambico potrebbe esserlo. La lingua ufficiale in Mozambico è il portoghese, lingua che sto studiando da qualche mese, ma il mio livello è ancora piuttosto base. Per quanto riesca a leggerlo e comprenderlo, ora sento un po’ di timidezza all’idea di doverlo parlare – però l’importante è capirsi e sicuramente una volta là riuscirò a superare questo ostacolo.

Un’altra difficoltà potrebbe essere quella di farsi prendere dallo sconforto di fronte alle difficoltà. Ad esempio, temo che dovrò faticare per reperire i dati che mi servono, ma la sfida sta proprio qui: nel riuscire a trovare delle soluzioni alternative (e anche creative!) a questi problemi, perché effettivamente esiste una parte di Mondo in cui questa è la realtà e le strade sono due: bloccarsi oppure trovare soluzioni alternative. Io proverò a trovare soluzioni alternative!

Quali sono i temi che ti stanno più a cuore e che ti spingono a voler vivere questa esperienza?

Ho sempre sentito una certa “vocazione” e un forte interesse per quella che è la parte più fragile della popolazione. Come architetto, amo progettare in generale, ma è ancora più stimolante poter progettare in contesti con sfide e limitazioni che ti obbligano ad ottimizzare risorse e tempi. Il Mozambico, ad esempio, da un certo punto di vista è una tabula rasa, per esempio per quelle che sono alcune pratiche che per noi invece sono normali. Partendo da zero, si potrebbero evitare di ripetere errori compiuti in passato, pur prevedendo altre criticità, potenzialità e, probabilmente, anche risultati completamente diversi.

Un’altra tematica a me cara è l’esperienza del rapporto con l’utente finale: l’idea di poter conoscere le necessità di chi abiterà davvero il mio progetto architettonico è essenziale per evitare sprechi di tempo, energia o di risorse. Lo stesso vale per l’analisi di mercato: sapere chi è il destinatario finale e poterci interagire per me è essenziale.

L’Africa è certamente un continente affascinante, ma come hai sviluppato questo forte interesse verso quell’ambiente?

Ho avuto varie esperienze di volontariato, ma la più determinante è stata l’esperienza con Volontarius, una onlus trentina attiva con i migranti, in cui ho passato una settimana a contatto diretto con alcuni profughi arrivati dalla tratta mediterranea che si stavano spostando verso i paesi del Nord Europa. In quel periodo il tema era particolarmente caldo e dopo tanti mesi di telegiornali, notizie, foto e video del fenomeno, ho potuto toccare quella realtà con mano e mi sono accorta che purtroppo era molto peggio di quello che mi aspettassi. Però è stato bello vedere che, anche facendo pochissimo, potevo essere utile in qualche modo ed è stato gratificante rendersi conto che qualcosa può cambiare e il cambiamento può partire anche da una persona comune come me. Mi sono resa conto che per quanto ci si possa informare, la nostra conoscenza di certe realtà rimarrà comunque limitata e questo ha sviluppato in me una grande curiosità verso quel mondo. Curiosità che ora proverò a saziare.

Cosa ti ha portato a scegliere di studiare ingegneria edile e architettura?

I motivi per cui ho scelto ingegneria e architettura sono due: il primo è senza dubbio la passione per l’antico. Essendo cresciuta a Vicenza, e quindi in mezzo all’arte del genio di Palladio, sono innamorata dell’architettura e appassionata per l’antico che racconta molto. Il secondo motivo è che l’architettura è un ambito in cui si può fare la differenza per qualcuno: se penso ad esempio ai contesti in via di sviluppo o a disastri ambientali passati, come i terremoti, so per certo che una progettazione diversa avrebbe potuto salvare vite o evitare di inquinare.

Cosa significa per te vivere questa esperienza ed essere il nostro Camaleonte in Africa?

Per me è una grandissima opportunità perché mi permette di unire diverse esperienze interessanti. Ho l’opportunità di conoscere da vicino una realtà come ProntoPack e imparare ad affrontare temi nuovi per me, come quello della ricerca sul packaging. È un’opportunità che sicuramente non avrei avuto in un contesto puramente universitario.

Inoltre, nel futuro che immagino, materiali sostenibili come il cartoncino potranno soppiantare tutto quello che non può essere riciclato e questo mi dà la carica per sviluppare la ricerca di mercato sul packaging e magari poter offrire un piccolo servizio a una realtà che vuole fare qualcosa di bello.

Rimarrai per la prima volta per tre mesi, cosa ti aspetti e cosa speri di ottenere?

Non so concretizzare le mie aspettative e a dire la verità sto cercando di non crearne! Sarà di sicuro un grande arricchimento per me, perché finalmente posso vivere un’esperienza che sognavo da tanto. Penso che quello che imparerò potrà essere applicabile in qualsiasi campo e il motivo per cui sono felice è che penso che saranno conoscenze e approcci che potrò utilizzare in qualsiasi altro contesto.

Saranno mesi impegnati sotto vari punti di vista, ma confido che sarà possibile avere incontri molto frequenti con la popolazione locale; infatti molte persone si sono rese disponibili già da ora ad affiancarmi durante il percorso e questo mi solleva perché temevo che per le zone più pericolose sarebbe stato problematico raccogliere dati.

Un ostacolo che ho visto affrontare da chi ha svolto l’esperienza prima di me è stato proprio quello di trovare dati utili. Per questo, vorrei creare un database che possa servire in futuro anche per altri studenti che vorranno approfondire le tematiche che affronterò io.

Tra qualche giorno scoprirò cosa mi aspetta!

Facciamo un grande in bocca al lupo ad Alice e… buon viaggio!

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